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Published On: Ven, Dic 12th, 2014

Esseri umani e animali: istinto, intelligenza o anima?

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delfino-salto

Nella tradizione della cultura occidentale e nell’insegnamento delle religioni giudaico-cristiana e islamica, il concetto di anima ha in genere il significato di un’entità stabile, permanente, autonoma e unitaria. E’ qualcosa che “c’è” o “non c’è”. Viene associata esclusivamente all’essere umano, in senso individuale.

Per il materialismo, che è l’ala “ufficiale” della scienza meccanicista ed ha oggi un notevole séguito in Occidente, l’anima non esiste e il pensiero si riduce a una specie di secrezione del cervello: nessuna considerazione per la mente sistemica di un sistema altamente complesso.

Alla luce delle conoscenze attuali di una scienza più estesa, della psicologia transpersonale, della teoria dei sistemi e della fisica quantistica, entrambe le posizioni sono insostenibili. Si tratta, come al solito, di quelle concezioni contrapposte tanto comuni nella nostra civiltà attuale.

Oggi sembra più logico pensare in termini di mente-psiche-spirito: un’entità variabile e senza confini definiti, che si modifica nel tempo ed è caratteristica di tutti i sistemi oltre un certo livello di complessità. Sarà bene anticipare subito che tutti i sistemi viventi hanno un livello di complessità molto elevato. E’ evidente che, in questo quadro, dire che l’uomo ha l’anima e gli animali “non ce l’hanno” è privo di qualunque significato.

Tutti i viventi sono anche senzienti, e tali sono tutte le entità naturali, come ecosistemi, complessi di viventi, vegetali, esseri collettivi, ecc. Gli esseri senzienti (che non significa necessariamente coscienti) hanno un “valore in sé”, indipendente da ogni riferimento umano.

Il problema della contrapposizione uomo-animali non esiste, perché l’uomo è un animale a tutti gli effetti: non c’è alcuna separazione, né alcun confine.

Tuttavia la nostra specie non perde alcuna importanza, perché un gruppo di cellule ha maggior “valore in sé” se lo si vede come parte integrante di un Organismo di quanto ne abbia se considerato isolato. L’uomo sta alla Natura come la parte al Tutto, come un tipo di cellule sta all’Organismo psicofisico di cui fa parte.

Dare un valore “in sé” a tutte le entità naturali e alle relazioni che le legano vuol dire attribuire un profondo significato alla Vita e al mondo, accettarne e comprenderne la spiritualità immanente.

Qualche anno fa è stato pubblicato in italiano un libro di uno scienziato olandese (R.CorbeyMetafisiche delle scimmie – Bollati Boringhieri, 2008), in cui, oltre ad altre considerazioni, si ricerca quali possano essere le caratteristiche che dividono l’umano dall’animale. In un recente passato si è sempre dovuto spostare questo confine, man mano che si accumulavano nuove scoperte e nuovi studi, ma infine il tentativo di mantenere comunque una divisione è fallito: il confine non esiste. Gli altri animali giocano, soffrono, amano, hanno emozioni profonde, sono coscienti, tengono un comportamento del tutto paragonabile a quello umano.

Allora, qual’è la facoltà che consente di attribuire a un’entità dei “diritti soggettivi”? Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscono diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si considera degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango o un delfino.

E’ ormai evidente poi che la storiella che veniva raccontata ai bambini una cinquantina di anni fa, che cioè la nostra specie “ha l’intelligenza” mentre gli animali hanno soltanto “l’istinto” è qualcosa che fa sorridere, alla luce di studi recenti sulle emozioni, i sentimenti, il comportamento e la struttura delle società di tanti esseri viventi.

In questo quadro, anche il problema etico del riscatto dalla sofferenza da parte degli esseri senzienti non-umani non esiste: il riscatto dalla sofferenza avrà la stessa storia per gli umani e per i non-umani, essendo della stessa natura. Gli altri esseri vivono la nostra stessa avventura. Niente scompare, tutta la sofferenza dovrà risolversi, i conti torneranno per tutte le entità naturali. Questo dà anche ragione di una forma di “reincarnazione”, anche se di tipo non necessariamente individuale, l’unico che la cultura occidentale attuale sembra disposta a comprendere, attribuendolo di solito a concezioni “orientali” o “esotiche”. Tra l’altro, se ci chiediamo cosa ci accadrà dopo la morte, è logico anche domandarsi cosa eravamo prima della nascita.

Gran parte delle posizioni attuali della cultura occidentale derivano dalle religioni che si sono originate nella regione medio-orientale ed hanno invaso il mondo, spesso con la violenza, diffondendo ideologie mostruosamente antropocentriche. Le istituzioni che le rappresentano continuano quest’opera: a parte le amenità sul concetto di “anima”, anche sul piano pratico si agitano non poco per quattro cellule surgelate (purché umane) e non dicono una parola sulle spaventose sofferenze inflitte a tanti esseri senzienti o sulla distruzione degli ecosistemi. Il pensiero materialista non ha cambiato nulla mantenendo l’uomo “al centro” attraverso una specie di “merito selettivo”, che gli ha conservato l’esclusiva mentale-spirituale.

Viene comunque spontaneo chiedersi se sia più materialista una visione del mondo in cui tutto è soltanto materia inerte, tranne una sola specie “privilegiata”, o un sottofondo di pensiero in cui qualunque entità naturale evidenzia lo spirito, la mente o l’Anima del mondo.

© 2014, Guido Dalla Casa. All rights reserved.

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About the Author

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- Guido Dalla Casa è nato nel 1936 a Bologna, dove ha frequentato il Liceo Scientifico e si è laureato in Ingegneria Elettrotecnica. Dal 1959 al 1997 ha svolto l’attività di dirigente dell’ENEL nelle aree tecnica e commerciale della distribuzione, nelle sedi di Torino, Vercelli, Milano e Brescia. Ora vive a Milano, dove fa parte del Gruppo Ecologia ed Energia dell’ALDAI. Dal 1970 circa si interessa di filosofia dell’ecologia e di filosofie orientali e native. E’ docente di Ecologia Interculturale presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini (Università di Urbino). Tiene corsi di Scienze Naturali ed Ecologia Profonda come docente volontario alla UNITRE di Saronno e in altre UNITRE dell’area milanese. Ha pubblicato alcuni libri: L’ultima scimmia (1975) per la Casa Editrice MEB, Ecologia Profonda (1996) per l’Editrice Pangea, Inversione di rotta (2008) per Il Segnalibro, L’ecologia profonda. Lineamenti per una nuova visione del mondo (2008) e Guida alla sopravvivenza (2010) per Arianna, Ambiente: Codice Rosso (2011) per l’Editrice Jouvence, oltre a numerosi articoli su varie Riviste, quasi tutti su argomenti di ecologia profonda.

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