Quando perdonare rivoluziona la vita: una nuova prospettiva di perdono
Quante volte pensiamo di avere davvero perdonato qualcuno, o anche noi stessi, per qualcosa che ci ha creato sofferenza, disagio o anche un semplice fastidio? Lo pensiamo e poi, invece, ci accorgiamo che basta un niente per farci riaffiorare sentimenti di insofferenza, astio, dolore, ira, nervosismo, insomma per farci capire che qualche ferita è rimasta ancora aperta e non era proprio tutto “risolto”. Il punto è: cosa c’è esattamente da risolvere? In cosa consiste il vero perdono, quello che non lascia tracce di inquietudine alcuna, piuttosto un profondo e duraturo senso di pace e quiete interiore?
Ci sono alcune considerazioni da fare che non lasceranno alcun dubbio alla vostra esperienza liberatoria del Perdono Assoluto (Radical Forgiveness in inglese). È il termine assoluto che fa la differenza, come ben spiegato nel libro best seller di Colin C. Tipping di cui suggerisco vivamente la lettura.
Innanzi tutto è necessario distinguere il perdono tradizionale dal perdono assoluto. Nel primo caso si perdona qualcuno mantenendo l’atteggiamento (che può essere insidioso) di chi “ha ragione” e di chi sente di aver subito un torto: ti perdono perché so che è un gesto conveniente, perché sono buono/a, anche se mi hai fatto soffrire, ti dimostro la mia magnanimità perdonandoti. L’atteggiamento sottostante può essere anche di subdola superiorità ma, soprattutto, quello che si perpetua è il vizio di fondo di pensare che sia stato l’altro o l’altra – insomma, un fattore esterno a noi – la causa della nostra sofferenza. Nel perdono assoluto cade qualsiasi pretesa di incolpare qualcuno e si entra nella percezione che l’esperienza vissuta è servita per un preciso scopo spirituale e, di conseguenza, chi l’ha scatenata è un complice divino che va, dunque, non perdonato bensì addirittura ringraziato per aver dato la possibilità di guarire qualcosa che a livelli profondi non era ancora sanato. Il perdono assoluto implica che non c’è niente e nessuno da perdonare: tutto è perfetto così com’è. Crolla l’atteggiamento sia di superiorità (sono buono, ti perdono) che di vittima (tu mi hai causato dolore). Questo è, senza girarci attorno, il punto cruciale di un perdono che può davvero fare la differenza nella vostra vita.
Può sembrare difficile da applicarsi e, in effetti, ci sono situazioni estreme e molto dolorose in cui occorre davvero una buona dose di fede e di volontà per attuare questo passaggio, e non è detto che sempre ci si riesca (pensiamo, ad esempio, a episodi di violenza fisica come stupri o anche ai casi di malattie come i tumori per la cura dei quali – tra l’altro – l’autore del suddetto best seller aveva iniziato la propaganda della “tecnologia” del perdono assoluto). Tuttavia, nel perdono assoluto c’è un’altra cosa da sapere, che ci solleverà molto dal timore della difficoltà iniziale a metterlo in pratica: basta la disponibilità a credere che dietro ad ogni esperienza dolorosa ci sia uno scopo spirituale, una mano divina che ha guidato sia la nostra anima sia quella di chi è coinvolto nella nostra situazione problematica affinché sia attuato un miglioramento evolutivo a livelli superiori. Colin C. Tipping chiama questo incontro-scontro un “patto d’anima” e, tra le varie affermazioni suggerite nel libro come pratiche di perdono assoluto, ve n’è una bellissima in cui si ringrazia il “complice” angelico (la persona che crediamo ci faccia soffrire o verso cui siamo arrabbiati, delusi, etc.) per aver voluto “danzare la danza di guarigione” insieme a noi. Personalmente, lo trovo sublime. E ricordatevi che basta la disponibilità a crederlo, ovvero, è sufficiente un mutamento di prospettiva, un atteggiamento favorevole a guardare le cose da un altro punto di vista. Questo è il bello della tecnologia del perdono assoluto, una pratica che – proprio come una tecnologia (per questo l’autore ama definirla così) – funziona, senza dubbio, se solo si toccano i tasti corretti, ovvero si mettono in funzione i giusti passaggi interiori, tra cui, ripeto, la sola disponibilità a credere (o provare a farlo) che tutto è perfetto così com’è.
Qualsiasi cosa capiti, è funzionale alla nostra evoluzione, dunque, l’atteggiamento che pian piano si svilupperà spontaneamente è quello di una pace incrollabile nel fondo dell’anima che trasmuterà il senso stesso del perdono in una vocazione alla gratitudine senza più condizioni. Come chiosa, vorrei specificare che questo atteggiamento non produce – come di primo acchitto si potrebbe essere indotti a pensare – una sorta di fuga dalla realtà o di atteggiamento passivo, bensì di riconciliazione con il mondo nella sua interezza che renderà l’agire nel mondo più fluido. Nel libro troverete esempi a sufficienza per comprendere meglio quest’ultimo punto, oltre a una serie di impeccabili “fogli di lavoro” che guidano passo dopo passo nell’esecuzione concreta del perdono assoluto, adattabili a qualsiasi situazione quotidiana vi arrechi disagio o sofferenza. Una vera manna dal cielo, consiglio di non perdere l’occasione almeno di provarci.
Ripetere come un mantra l’affermazione “Tutto è perfetto“, può aiutare nel graduale slittamento della prospettiva (la famosa disponibilità a credere …) , quando ci si trova immersi nel turbinio di qualche esperienza spiazzante. Mi piace vederlo risuonare con le vibrazioni del mantra sanscrito OM TAT SAT che letteralmente significa: ‘Tutto ciò che è la Verità”, in sostanza, cioè la “suprema Verità assoluta”. E non sarà un caso che spunta nuovamente il termine assoluto.
“Ogni cosa è in cammino verso la meta più alta”
(Paramhansa Yogananda)
Letture consigliate
“Il Perdono Assoluto – Perdonare per crescere” di Colin Tipping
“Ricomincia da Te – Il perdono è la chiave della felicità” di Tiberio Faraci
“Ho-Oponopono – La Pace Comincia da Te – Metti le cose al posto giusto” di Josaya
“Come amare ed essere amati. Imparando a sviluppare l’amore più puro di tutti. L’amore non egoistico” di Swami Paramhansa Yogananda
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