Dalla luce-all’oscurità-alla luce | Lamentarsi o assumersi la responsabilità di se stessi?
“Quando il Buddha conseguì l’illuminazione, gli fu chiesto: “Cos’hai raggiunto?”. Rispose: “Niente. Al contrario, ho perso parecchio. Non ho ottenuto niente perché adesso so che qualsiasi cosa abbia raggiunto è sempre stata presente. Era la mia natura. Non mi è mai stata portata via, per cui non ho raggiunto niente. Ho raggiunto ciò che già esisteva, che già c’era. Ho perso soltanto la mia ignoranza”.
L’identificazione è ignoranza. È parte di questa grande recita – questo lila, questa recita cosmica – il fatto che dovrai perdere te stesso per ritrovarti. Perdere te stesso non è che un mezzo, l’unico mezzo, per trovare te stesso.
Se hai già perso a sufficienza, puoi riconquistarti. Se non ti sei ancora perso abbastanza, ti dovrai smarrire di più. Prima di allora non si può fare nulla; nessun aiuto è possibile. Se non ti sei completamente smarrito nella valle, nell’oscurità, nel samsara, nel mondo, non si può fare nulla. Perdi, così da poter guadagnare. Sembra paradossale, ma così è il mondo, così funziona.” (Osho, I segreti del Tantra #6)
Di solito ci si limita ad accettare le cose come stanno o come vengono. Difficilmente ci si ferma un attimo, per scrutare dentro di sé e cercare di mettere a fuoco il perché qualcosa continua ad accaderci. La colpa e la responsabilità sono sempre “colpe” degli altri, del destino, di un dio sovrano nell’alto dei cieli…
Per molti, oggi quel meccanismo difensivo non funziona più, lo stato delle cose sta togliendo sogni, illusioni, appartenenze, ancore di salvezza: in poche parole, occorre riprendersi in mano e iniziare a scrutare dentro di sé.
L’unica certezza, la sola evidenza è questa: ciò che siamo, qualsiasi cosa sia, è l’unica realtà su cui è possibile fare affidamento, e su cui è consigliabile “investire” il proprio tempo e la propria attenzione… perché quello è l’unico fattore che può fare la differenza.
Come si dice, non tutto il male viene per nuocere: allorché non ci sono più vie di fuga, e tutto ciò che credevamo essere fonte di sicurezza e di appagamento, si rivela effimero – una sommatoria di rumore e di furia, priva di qualsiasi significato – ecco che dedicare un po’ di tempo a se stessi, per scoprire chi siamo realmente, quali sono i nostri talenti, quali le nostre potenzialità… non è più un’idea così malvagia!
In molti oggi ci provano. Ed è bene non lasciarsi disarmare dai primi passi.
Entrando in un habitat abbandonato praticamente da sempre, all’inizio potrebbe essere un’esperienza scioccante: il disordine, il disagio, gli squilibri potrebbero far pensare a una situazione senza speranza alcuna.
Ebbene, di fronte a uno stato di cose troppo alterato e distorto, è difficile pensare che sia sufficiente ritirarsi nella propria stanza, chiudere gli occhi e… “guardarsi dentro”! La semplice osservazione, per quanto “concentrata” possa essere, non è lo strumento giusto in quel contesto… sarebbe come curare il cancro con delle aspirine!
Anche pensare di dedicare tempo, energie e attenzione all’osservazione di quelle macerie e del caos, frutto di una vita fatta di negazioni e tradimenti di sé, è alquanto ingenuo, se non folle. Lo conferma il fatto che sulle lunghe distanze ciò che oggi è presentato come Mindfulness, sembra non funzionare. Certo, a livello scientifico si stanno facendo passi da gigante per dimostrarne la validità; ma le persone su cui si fanno studi e analisi, hanno poco o nulla a che vedere con la storia comune di un semplice uomo – o donna – nato e cresciuto in un contesto urbano moderno.
Occorre dunque dare uno sguardo obbiettivo al proprio stato di cose e vagliarne la complessità, senza giudizio, con profonda accettazione… per quanto possa essere doloroso o traumatico, riconoscere ciò che si è e dove si è, aiuta a scegliere poi la strategia migliore; nel caso in cui si voglia o risulti indispensabile sgombrare la propria interiorità da ciò che ingombra, grava o opprime la nostra vita… rendendola magari invivibile.
“Gli antichi metodi di meditazione si svilupparono tutti in Oriente. Non presero mai in considerazione l’uomo occidentale, che ne rimase escluso. Io sto creando delle tecniche che non servano solo all’uomo orientale, ma che siano semplicemente funzionali a tutti gli uomini, orientali e occidentali. Esiste una diversità fra la tradizione orientale e quella occidentale – è un diverso modo di formare la mente. La mente orientale è paziente – rimane calma in qualsiasi situazione. La mente occidentale è estremamente impaziente. Non si possono applicare gli stessi metodi ai due tipi di esseri umani.
La mente orientale è condizionata a mantenere un equilibrio ben preciso nella vittoria come nella sconfitta, nella ricchezza come nella povertà, nella malattia come nella salute, nella vita come nella morte.
La mente occidentale non ha nessuna idea di questo equilibrio, è troppo agitata. Nella vittoria inizia a sentirsi al settimo cielo, comincia a soffrire del complesso di superiorità. Nella sconfitta va all’estremo opposto: precipita nel più profondo degli inferni. È infelice, vive in un’angoscia profonda e soffre di un incredibile senso di inferiorità. Si sente annientata… e la vita consiste di entrambi gli aspetti. Ci sono momenti belli e ci sono momenti brutti. Ci sono momenti in cui sei innamorato e momenti in cui sei in collera, in cui odi. La mente occidentale è in continua agitazione…” (Osho, Light on the Path #16)
Con quell’agitazione è indispensabile fare i conti, prima di avvicinarsi alla dimensione della meditazione, naturalmente intesa.
Ebbene, se per qualsiasi motivo ti ritrovi con la lucida certezza di essere sull’orlo di una bancarotta interiore, sappi che le Osho Active Meditations – le tecniche di meditazione attiva ideate da Osho –, sono ormai uno strumento planetario usato con efficacia come passaggio propedeutico a una reale immersione nel proprio essere.
Basta volerlo, e sapere che non importa quanto ci sia persi, in ogni caso nulla è mai perduto… e questo perché perdersi è quasi un passo obbligato per ritrovarsi. E il nostro semplice essere ancora vivi è una conferma che nulla è perduto!
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