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Published On: Mer, Gen 2nd, 2013

Leadership Evolutiva: Quanto il Cuore entra in Connessione

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(Articolo scritto da Luca Ferretti)

E’ innegabile che stia avvenendo un cambio di paradigma che informa la coscienza collettiva e la realtà di un sempre più ampio numero di persone. Innanzitutto è utile chiarire che ognuno di noi osserva e sperimenta la realtà condivisa attraverso il proprio filtro personale, che è rappresentabile come la visione di qualcosa attraverso un prisma colorato oppure tramite uno specchio che deformi. La colorazione e la deformazione, che come conosciamo per esperienza cambia ciò che è l’immagine percepita di un oggetto solido, sono direttamente connesse a come è configurato il nostro mondo interiore mentale. In base alle nostre abitudini, credenze, schemi che abbiamo acquisito durante la nostra vita o che abbiamo ereditato dalla realtà nella quale ci siamo incarnati, vediamo solo una parte del mondo e neppure con chiarezza. Certamente ci possiamo ritrovare in sintonia con altri quando confrontiamo alcune esperienze ma possiamo davvero dire che, per fare un esempio, il mio colore verde e uguale al tuo? Certo potremmo provare a descriverlo e giungere a dei punti comuni ma ognuno di noi ha i propri occhi ed il proprio sistema di gestione delle informazioni che riproduce una propria immagine della realtà e quindi “genera” un proprio unico personalissimo verde. Sappiamo anche che chi è molto attento ai suoni, ha la capacità di ricostruire una passeggiata grazie ai rumori, canti di uccelli, voci, che ha sentito lungo il tragitto. Altri invece non avranno avuto alcuna chiara percezione e non serberanno ricordo dell’aspetto sonoro della medesima passeggiata quanto, piuttosto, degli odori. Siamo selettivi nella percezione ed in quanto di essa arrivi alla nostra consapevolezza, relegando il resto in una dimensione non consapevole, in base al nostro focus di attenzione ed attitudine. Quando cambia un paradigma di pensiero è simile ad un cambio del filtro o dello specchio interiore. Faccio un esempio eclatante che si manifesta quando cerchiamo di creare un’analisi di una situazione unitaria ed utilizziamo un criterio per decidere quale parte sia più importante dell’altra. Nella nostra cultura abbiamo posto al primo piano l’intelletto e l’intelligenza declinandola però verso la sola razionalità. Ciò è alla base di una visione limitata sia dell’individuo che della società. Inoltre abbiamo posto quale elemento di primaria importanza ciò che è collegato alla presunta sede della nostra intelligenza, la testa. Potrebbe sembrare un discorso strano ma non si è messo mai in discussione che la testa fosse la parte più importante del corpo, ponendo questa considerazione (giudizio) quale certezza basilare eppure non ha poi molto senso se pensiamo che senza il contributo degli altri organi, la funzionalità del corpo intero cessa. Ora si sta diffondendo la necessità di recuperare una visione complessiva dell’organismo, come una sorta di riequilibrio dopo un’ampia ed eccessiva tendenza a sezionare ed analizzare, poiché si è giunti all’estremo di non riuscire a capire la persona e la società, pur conoscendone bene alcuni aspetti parziali. Passare dal parziale all’unitario è un cambio di paradigma. Tale schema basilare di riferimento viene posto quale base interpretativa e filtro percettivo di quanto accade a noi ed attorno a noi, quindi anche nell’esaminare fenomeni sociali od anche naturali.

In riferimento alla tematica oggetto di questo scritto, si è posta una eccessiva enfasi nell’esame del “capo” e del “leader”. La nostra società che ha privilegiato l’individualismo, inteso come emersione di un singolo da una massa la quale diventa succube, seguace, dipendente da coloro che riescono a spiccare tra gli altri, è profondamente squilibrata. Certamente l’importanza del singolo non può essere negata, poiché si giunge altrimenti ad oscurare la Bellezza individuale portando a gravi conseguenze, ma è opportuno e diviene essenziale comprendere e valorizzare le relazioni. In questo momento viviamo una crisi dell’eccessivo individualismo distaccato dal contesto nel quale ognuno si muove, nonché del pensiero razionale quale guida indiscussa delle nostre azioni. Certamente questo approccio ci ha portato ad una società molto avanzata per molti versi ma anche incapace di esprimersi ed esplorare aspetti fondamentali individuali e collettivi, si sta rivalutando tutto il funzionamento individuale e sociale, spostandosi “dalla testa” ad una visione differente: ci si è accorti che esasperare la pretesa di razionalità ci ha reso stupidi in altre esigenze fondamentali in quanto esseri umani. Nella cultura dominante e nel collettivo, dopo una fase di unione primordiale (immaginate il rapporto uomo-natura o tribale che ancora è osservabile in stretti gruppi sociali rimasti isolati nelle foreste), si è esplorata la separazione estrema (dell’uomo che è oltre la natura ed individuo solitario-autonomo nel suo freddo pensare a sé stesso) per giungere ora ad avviare un processo di sintesi (unità ed individualità armoniche ove l’unico è partecipe dell’uno). Il leader che prima era visto come capo e guida, come un re che poteva essere illuminato o terribile ma con potere assoluto ai quali i sudditi ed i gregari devono sottostare, ora viene rivalutato in altre funzioni che potremmo dire più organiche al gruppo di cui fa parte e dal quale è emerso. Sta facendosi spazio una visione unitaria dell’individuo, del gruppo e dell’intera società, in modo da recuperare una maggiore armonia interiore a questi sistemi. Il nuovo paradigma ci suggerisce che ogni cellula è importante ma che l’unione delle cellule crea qualcosa di diverso ed ulteriore. Tale unione crea una intelligenza più ampia di quella dei singoli che risiede ad una dimensione sovra-individuale.

teamwork

Come il lettore potrà osservare ho miscelato diversi piani di osservazione, ponendo alcuni collegamenti che possono far comprendere quando tutto sia interconnesso e che se modifichiamo la visione di una parte di realtà, modificheremo la visione di tutto, poiché andremo ad operare dei cambiamenti nel filtro o nello specchio attraverso il quale stiamo osservando e sperimentando la vita. Certamente sarebbe preferibile liberarci da tutte le deformazioni esistenti ma per ora possiamo dire che appare utile compiere un passaggio verso una deformazione con minori distorsioni. Se qualcuno sta cercando la Verità non la troverà in questo scritto poiché qui si tratterà della transizione tra diverse verità, parziali e relative ma in esso potrà cogliere degli stimoli per muoversi verso la propria verità: ecco un esempio di interazione tra unicità in qualcosa di più ampio che ci può sfuggire.

Il Gruppo ed il Leader

Vi sono moltissime possibilità con le quali definire cosa sia un leader e troverete molti testi a riguardo nonché svariate proposte per poter divenire un leader, migliorare le proprie capacità di leadership e difendersi dall’aggressione di coloro che si pongono come capi. In questo scritto voglio evidenziare un preciso aspetto e quindi non ho la pretesa di descrivere un quadro completo di questa figura-funzione centrale nello studio del funzionamento dei gruppi. È mio intento porre un seme di riflessione che possa esservi utile per arricchire e rivalutare le informazioni e consapevolezza che avete su questo aspetto della dinamica sociale.

Un elemento di attenzione che è primario acquisire e chiarire è che un leader utilizza le capacità delle persone sulle quali ha una influenza per i propri obiettivi. Se questi obiettivi siano egoistici o per il benessere del gruppo stesso, può qualificare il tipo di leader entro certi schemi di pensiero ed ideologici ma l’essenza è che egli riesce a catalizzare, gestire, convogliare la forza e le risorse degli altri. Quindi potremmo dire che il leader è un dominatore, ma è proprio vero? Perché gli appartenenti al gruppo accettano questo stato di cose?

L’emersione di un leader e la sua funzione è possibile poiché esiste un accordo (tacito od espresso) tra i componenti del gruppo nel quale viene riconosciuta una funzione ed importanza preminente a certi individui. Questo accordo, parola che uso in senso lato, può essere volontario e basato su una riflessione di ognuno, quanto piuttosto essere l’esito di un condizionamento culturale ricevuto che fa pensare e credere alla necessità di una guida.

Che il leader e la tipologia che emerge dipenda da un aspetto culturale e collettivo lo si può osservare anche dal fatto che la scelta degli elementi di importanza e sulla quale il leader può emergere cambia anche in base alla consapevolezza delle persone ed alla loro capacità di auto-organizzarsi: in un’epoca o in un certo contesto può essere “il miglior guerriero”, in un’altra “l’affarista più scaltro”, in un’altra ancora “il creativo più ispirato”. Le qualità del leader sono molteplici e si cerca di definirle e generalizzarle, ma certo è che in base al gruppo di riferimento e a quanto si muove in esso, emergono i leader adeguati e rispondenti alle necessità del gruppo. In effetti se ipotizziamo un gruppo sociale nei quali ognuno abbia un alto livello di consapevolezza e libertà, i leader non sono affatto necessari. Essi appaiono funzionali a coprire gli spazi non gestiti dagli individui nella loro libera espressione. Poiché la società nel suo complesso sta evolvendo, mutano anche i leader che si ritrovano a sviluppare funzioni diverse. In questo senso ogni epoca ha la sua tipologia di “re” e “regina”. Possiamo anche dire che meno la società è composta da individui liberi e più prosperano forme di leadership forti e rigide, paternalistiche o dittatoriali.

Con questa riflessione non si vuole diminuire l’importanza e l’utilità dei leader, ma sottolineare come essi, in realtà, sono “chiamati alla ribalta” da quanto viene espresso dalla società di riferimento.

Poiché gli individui rifiutano la propria responsabilità, ad esempio, emergono individui che si accollano anche quella degli altri, acquisendone un certo vantaggio. Se osserviamo i leader possiamo capire molto di quello che esiste nel collettivo.

Poiché cambiare il leader non significa cambiare la società, ecco una palese dimostrazione di come l’aggressione ed eliminazione di un capo non esclude che si presenti un capo simile al precedente.

Quindi “nasce prima” il leader o il gruppo? Cioè è il leader che crea il gruppo attorno a sé o è l’insieme di persone che fanno emergere un proprio leader?

È domanda simile alla classica relativa all’uovo e della gallina, che rimane non risolvibile se non si amplia il proprio spazio di osservazione e ragionamento a dimensioni più ampie: il leader ed il gruppo sono parte funzionale di qualcosa di più ampio che è l’Intelligenza Organica.

Intelligenza Organica e Rinnovamento

Con l’espressione Intelligenza Organica indico il livello di coscienza che include le diverse consapevolezze individuali in un sistema unico. Difatti in funzione del nostro stato di coscienza e dell’apertura ad accedere alle informazioni del Campo, possiamo sia chiuderci nella visione limitata del nostro io separato che entrare in interazione sempre più ampia con gli altri e con l’intero cosmo. Se è possibile operare questa espansione della coscienza, che certamente molti sulla via della ricerca personale o anche per esperienza spontanea ben conoscono, ci indica che esiste un’interconnessione tra tutti gli esseri senzienti e gli aspetti della realtà. Quindi anche nei gruppi umani possiamo percepire ciò che rappresenta un’Intelligenza che abbraccia gli individui, che alle volte li conduce e invita verso certi passaggi, ma che allo stesso tempo recepisce gli stimoli dei singoli. Il modo migliore di visualizzarla rimane quella di una superficie dal quale emergono delle onde le quali assumono diverse forme: la sostanza è la medesima ma muta la manifestazione. Nella mia ricerca personale e nel lavoro che svolgo con i gruppi (di studio ma anche aziendali) è evidente come il dialogo con questo piano di coscienza sia molto produttivo e possa offrire delle chiavi per un cambiamento in senso positivo della situazione che si sta sperimentando. I leader, spesso inconsapevolmente, dialogano con questo piano di coscienza del quale divengono portavoce, spesso operando delle distorsioni in base alla volontà personale ma certamente permettono ad aspetti della saggezza del gruppo di manifestarsi. Quando il rapporto leader-gruppo si cristallizza, anche in seguito alla volontà del leader di mantenere il controllo e posizioni di preminenza, questo dialogo si impoverisce ed è più difficile il rinnovamento. Chi ha esplorato anche se superficialmente le dinamiche nei gruppi conosce bene la forza di un gruppo armonico nel quale ogni componente si può esprimere per sintetizzare poi una posizione unitaria: in questa sintesi può emergere il rinnovamento. Come ho espresso in riferimento alla società, quanto più gli individui sono consapevoli e liberi e tanto meno serve un leader capace di superare i momenti di scontro o stasi nel gruppo. Al momento osservo come in moltissimi contesti sia ancora utile la funzione dei leader proprio perché manca ancora questa assunzione di potere e responsabilità in ognuno. Con il cambiamento che siamo tutti spinti a fare in questo momento però i leader possono arricchirsi di nuove funzioni ed assistere le persone con le quali sono in contatto in un risveglio del proprio potere personale, della sicurezza in sé e dell’amore per sé, con un indubbio vantaggio anche materiale in ciò che il gruppo realizza (immaginate un’azienda). Ciò non è un semplice atto di benevolenza dei leader verso i propri sottoposti (visione questa non più attuale e funzionale), ma una necessità poiché i leader in molti casi, abituatisi allo stato di cose precedente, non hanno gli strumenti per evolvere in sintonia con le necessità. In questo momento un leader che si irrigidisce accelera il tracollo personale e del gruppo di cui è riferimento. In questo senso da tempo ho deciso di dedicare parte del mio lavoro ed opera di assistenza proprio a questa realtà.

Fine Prima Parte

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