Viaggio di ritorno – Il monaco del Tibet
La sala d’attesa dell’aeroporto indiano di Bangalore era affollata, il caldo soffocante estivo indiano toglieva il respiro ed io, già provata dalla lunga attesa e fatica per riavere il mio visto d’uscita dall’India, di cui preferisco non parlare, ma che aveva messo a durissima prova la mia pazienza e forma fisica, ero quindi molto stremata e mal sopportavo quel caldo mortale.
Ripensavo ai miei lunghi 15 anni indiani, alle mille avventure spirituali, alle meravigliose benedizioni del mio Guru e di altri Maestri invisibili ma ben reali.
Tornare in Italia era per me un’ incognita e una sfida in tutti i sensi, ne ero felice? Si e no.
La voce monotona che annunciava i voli in lingua locale e in inglese mi cullava, e come spesso mi capita per brevi momenti che mi sembrarono eterni, lasciai la sfera della coscienza ordinaria e la terra.
Mi vidi ai piedi di una grande montagna di cristallo, opalescente, nel mezzo della parete scintillante, una grande porta formata da tante pietre preziose colorate, lapislazzuli e cristalli, uno spettacolo!
Lentamente mi avvicinai e la porta tempestata di pietre risplendenti si spalancò. Nella penombra scorsi una città, un intera città composta di templi opalescenti, cascate smeraldine e una insolita e fantastica vegetazione, unicorni bianchi e strane creature mi apparivano davanti agli occhi, man mano che procedevo, non era il mio primo viaggio astrale in questi luoghi benedetti e paradisiaci, ma ogni nuovo viaggio è per me come se fosse la prima volta, stupore e gioia, un amore che mi pervadeva in ogni cellula sottile e gratitudine per queste visioni, così vivide e vere, da sembrare in 3 D.
Sentivo suoni di arpe celesti e tintinnii di campanelli, così soavi e delicati, ero tuttuno con quel luogo che già conoscevo, Shamballah, Agarthi, i nomi sono diversi, ma quel Paradiso è lo stesso da sempre.
Arrivata alle soglie di un tempio molto bello e altissimo, non ne vedevo la sommità, entrai.
Vidi tantissimi esseri, vestiti come monaci tibetani, ma in modo diverso, i colori principali erano porpora e oro scuro, mi parvero in profonda meditazione, immobili con gli occhi chiusi, avevo tante domande e nessuna allo stesso tempo, un silenzio interiore mi pervadeva, mi inebriavo di quell’atmosfera celestiale che era in me, era fuori di me, ed era me.
Una voce che proveniva dal mio interno ed anche esterna disse: < Questo e’ il Tempio dell’ Akasha, qui tutte le memorie di tutte le Razze, sono contenute e protette, ogni tua vita e’ scritta in questo luogo su pagine invisibili di smeraldo, benvenuta sorella, qui sei a Casa>.
La voce profonda tacque. Mi ritrovai seduta nella sala d’ attesa, una amica era con me in attesa del nostro volo, decidemmo di andare ad un bar vicino perchè la sete con quell’afa era tremenda.
Mi sentivo felice di quella visione estasiante, ma ero sfinita e la mia pressione bassissima, temevo di svenire, ero quasi al collasso.
Sbucò dal nulla un monaco tibetano, dal viso rotondo e simpatico, spuntò davvero da nulla e si sedette nel tavolo vicino al nostro. Improvvisamente sentii arrivare una fortissima energia, che sentii subito anche la mia amica e compagna di viaggio.
Era un energia molto bella, silenziosa e risanante, di colpo mi ripresi, come se mi avessero fatto una flebo di glucosio, la mia pressione sanguigna si ristabilì ai normali valori, così sentii, stavo di nuovo bene, non sentivo più il caldo terribile di quell’estate indiana, ogni debolezza era sparita, quindi mi rilassai e pensai che questo benedetto Monaco del Tibet, forse non era arrivato li vicino per caso..Certo che no!
Ripresi a parlare quando mi accorsi che così come era arrivato, il monaco era sparito, ci alzammo per cercarlo nella folla con lo sguardo, ma nessuna traccia, stupite, ma non troppo, ci guardammo ammiccando. Sorridendo, ringraziai di cuore il caro monaco misterioso e Chi compassionevolmente lo aveva mandato, al momento giusto vicino e mi aveva così ricaricata, risanata dalla fatica, permettendomi di affrontare al meglio il lungo viaggio verso l’ Italia, e ancora oggi dopo due anni da quella notte indiana, io dico grazie, grazie, grazie !
shanti om
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