Dalla luce – all’oscurità – alla luce | I residui del passato
“Se una persona si immerge nella meditazione, accade una rivoluzione sorprendente: nella sua esistenza prende forma un cambiamento radicale. La goccia di rugiada scompare, e al suo posto si scopre qualcosa di oceanico. L’uomo è una goccia di rugiada, perché si sente identificato con il corpo, con la mente.
La meditazione è la consapevolezza di non essere il corpo e di non essere la mente!
Nel momento in cui diventi consapevole che tu non sei il corpo né la mente, all’improvviso tutte le barriere scompaiono: erano state generate dalla tua identificazione. D’acchito non sei più in prigione.
La prigione era illusoria, era una tua creazione. E poiché la prigione era illusoria, tutti i tuoi sforzi per uscirne erano un’illusione.
L’ego è uno sforzo per uscire da una prigione illusoria. È simile a una medicina che in sé è illusoria, ma che cerca di curare una malattia immaginaria. E un male illusorio trova sempre una medicina illusoria.
Meditazione è un semplice processo di conoscenza della realtà così com’è.
È silenzio, è consapevolezza, e osservazione attenta, è presenza consapevole. Ed essere un testimone che osserva in modo distaccato è la chiave, perché quando osservi qualcosa con presenza consapevole non puoi esserne identificato.
Nel momento in cui sei presente come un testimone e osservi qualcosa, ne sei separato. L’osservatore non è mai la cosa osservata.
Se riesci a osservare il corpo, sei trascendente rispetto al corpo, sei al di là del corpo.
Se riesci a osservare la mente, sei al di là della mente.
Se riesci a osservare le tue sensazioni e le tue emozioni, sei al di là del cuore.
E queste sono le tre limitazioni.
Nel momento il cui conosci la tua trascendenza, ti senti oceanico, vasto e sconfinato. A quel punto non c’è più alcun bisogno dell’ego.
L’ego non può essere lasciato andare; non lo si può abbandonare perché, in primo luogo, non esiste. Ma in meditazione scompare.” Osho, Nirvana: Nor or Never #7
La natura, interiore ed esteriore è vista come nostra nemica
Il nostro rapporto con il mondo, così come si crea nell’infanzia, nel nostro passato, si basa su una formula molto semplice: “Io, me, mio”.
In quest’ottica, che nessuno mette in discussione, qualcosa di distorto accompagna il nostro rapporto con l’habitat naturale nel quale ci ritroviamo a vivere.
Dall’inizio della sua storia, la nostra specie considera la natura come un nemico, qualcosa da sottomettere, da conquistare, di cui appropriarsi; e al tempo stesso rimane qualcosa che si teme visceralmente.
I libri di storia narrano di lunghe notti passate dai nostri antenati accucciati vicino a un fuoco per proteggersi dalle belve e dal freddo; e soprattutto da eventi naturali potenti e imprevedibili, che potevano devastare le loro vite nel giro di pochi minuti. E di malattie misteriose – alcune causate da virus e da batteri invisibili a occhio nudo – sempre in agguato.
Per milioni di anni sembra che la vita dell’umanità – ovunque si sia manifestata – è stata perlopiù breve, brutale… e del tutto in balia dei capricci della natura, in tutte le sue forme micro o macroscopiche.
Non sorprende quindi che il nostro atteggiamento verso la natura sia di sospetto – una matrigna, più che una madre – e che pochissimi l’abbiamo compresa in modo diverso dall’idea comune che implica lotta costante per imporre la propria logica, la propria presenza, il proprio dominio.
Gli effetti di quell’attitudine sono davanti agli occhi di tutti: da un lato la natura è praticamente scomparsa dalla soglia della nostra attenzione; dall’altro il nostro dominio sta praticamente portando alla distruzione dell’habitat che ci ospita.
Uno stato di cose che le migliori intenzioni non bastano, se si vuole ricreare un equilibrio naturale!
La velocità di distruzione è tale e tanta che in alcuni Paesi si è addirittura arrivati a studiare fino a che punto sarà possibile “rientrare” e garantire la sopravvivenza del genere umano, una volta superato ciò che tutti riconoscono come un punto di non ritorno.
In tutta questa attenzione “esteriore”, nessuno sembra aver ancora messo a fuoco gli effetti collaterali di quella devastazione nel nostro mondo interiore.
E questo anche perché il modo in cui si vive generalmente, porta ormai a negare l’esistenza di una simile dimensione… tanto è piena di stimoli, sollecitazioni e quant’altro l’esteriorità echeggia in noi con frastuoni assordanti.
Sempre meno si ha tempo e voglia e desiderio di vedere il proprio mondo interiore per ciò che è: il naturale habitat della nostra anima.
Il cui linguaggio è il silenzio, la cui manifestazione e quiete che chiama alla quiete, la cui voce è un sussurro, una vibrazione, un alito… un anelito.
Chi ne parla o affronta la questione, vede quella dimensione come un’altra terra di conquista! Anche in quel caso ci si muove con uno spirito “da padroni”: l’intento non è tornare a fluire, lasciarsi andare alla corrente della vita, quanto piuttosto di controllare e reprimere e imporre la propria idea di ciò che si è e di cosa dev’essere quel mondo misterioso.
Ovvero, una marcia in più per acquisire la forza di realizzare i propri desideri!
La via della Meditazione, la via dell’Estasi
Fondamentalmente abbiamo completamente dimenticato il linguaggio dell’estasi. E di certo abbiamo imparato a non fidarci del nostro sentire, a non fare affidamento su qualsiasi cosa affiora come manifestazione della nostra natura essenziale.
E qualsiasi segno o segnale ignoto – o dall’ignoto – è immediatamente codificato, incapsulato in un significato… praticamente velato e silenziato.
Nel tanto sapere che ci avvolge e ormai ci travolge, sempre meno sembriamo sapere chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando – interrogativi che peraltro continuano ad assillarci in gran segreto, in quanto connaturati alla nostra natura.
Oggi sono proprio le alterazioni che noi stessi abbiamo creato – riscaldamento dell’atmosfera, siccità dilagante, desertificazione, estinzione di tante specie, e via elencando – a sollecitare e a risvegliare barlumi di consapevolezza.
Sempre più persone si rendono conto che ci sono limiti a una vita vissuta all’insegna della conquista a ogni costo.
E le crisi che si avvitano tra di loro e su se stesse – politiche, finanziarie, ma anche delle materie prime e della sovrappopolazione – e che ci avvolgono, stanno portando moltissimi a considerare la necessità di cambiare rotta.
Per molti, addirittura, cambiare rotta diventa inevitabile!
In questa mutazione silenziosa del proprio approccio all’esistenza, sta diventando una questione di sopravvivenza imparare ad apprezzare la natura, a viverla come elemento rigenerante. Non un nemico, ma un amico che ci accoglie e ci nutre con i suoi frutti migliori.
E il bisogno di equilibrio spinge a fare passi precisi verso un’armonia con la natura; e si amplia il numero di coloro che iniziano a vedere piante e animali in modo amichevole.
Un esempio, che riguarda il nostro Paese: il dieci per cento della popolazione ha ormai introdotto una dieta prevalentemente vegetariana nella propria vita. E il consumo di prodotti biologici ha quasi superato la metà delle vendite. Molto più che una moda!
Questi vanno visti come segnali che rivelano il bisogno di imparare a vivere in armonia con la natura; la rinascita di una sensibilità che vede gli altri esseri viventi come parte di un complesso ecosistema che chiede rispetto e va protetto.
Comprensioni che coinvolgono e implicano un diverso approccio alla propria dimensione interiore.
Vero è, infatti, che se si vuol cambiare l’ordine delle cose, il primo passo va fatto con se stessi: “Cambia te stesso e cambierai il mondo” è il suggerimento di Osho e, in pratica, questa è la cifra della sua proposta esperienziale.
Imparare a sentire ciò che si è e dove si è, imparare ad ascoltarsi e a lasciar affiorare le sottili verità che la nostra intelligenza ancestrale continua a comunicarci… in una parola vivere una vita in armonia con se stessi, introduce una prospettiva che porta a un rapporto diverso con gli altri, con le altre specie viventi e con l’habitat che ci ospita.
La coltivazione di una presenza consapevole diventa dunque parte integrante di questa sensibilità rinnovata e rigenerata, un processo che amplia la nostra percezione della realtà. E in questo processo, una delle prime cose di cui ci si rende conto è qualcosa di illuminante: al di fuori del consorzio umano non esiste problema alcuno!
Nel regno della natura – e questo significa nell’intero universo – tutto continua a muoversi all’insegna dell’armonia e dell’empatia reciproca tra i diversi regni o mondi che la mente umana tende a differenziare.
La natura vive sulla base di una comunione, di una interdipendenza. Non esistono distinzioni, non c’è separatezza… tutto è interconnesso.
E noi non facciamo distinzione: fuori dalla nostra mente, noi non siamo corpo, mente, cuore… siamo un’unità organica.
Di certo siamo corpomente – come finalmente la scienza medica sta capendo – ma anche il sentire – associato al cuore e al suo palpitare – non può essere dissociato da quell’armonia che, una volta attivata, fa scattare qualcosa di misterioso che la fisica conosce come “balzo quantico” e l’Oriente ha sperimentato come “illuminazione” o risveglio.
“Mindfulness 4.0”, il nuovo libro di Osho, avvicina esperienzialmente a questo risveglio, alla cura di sé, a questa consapevolezza ritrovata che permette di vivere in armonia, partendo da una chiarezza precisa: se non stiamo bene con noi stessi, se non viviamo in piena sintonia con la nostra natura… come possiamo parlare d’amore per noi stessi, di amore per gli altri e di amore – e cura – per l’ambiente naturale in cui siamo immersi?
Una proposta esistenziale, più che un libro: ecco ciò che si vuole proporre.
Un processo indicato per chiunque propenda verso una vita vissuta con consapevolezza, con presenza attenta. Non fosse altro per arrivare a un reale appagamento.
Se ritieni valido includere questa proposta esperienziale nella tua vita, su Mindfulness 4.0 trovi decine di espedienti tra cui scegliere quello che più ti risuona, se vuoi riconnetterti con la naturale armonia in cui dimora la tua essenza.
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Bu0na Vita e Buona Consapevolezza!
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