La Mia Atlantide – Viaggio nel passato
La giornata indiana cominciò come tutte le altre, sveglia all’alba e colazione veloce alla canteen dell’ashram, un profumo intenso di fiori, tra cui distinguevo il gelsomino bianco, tanto caro a Swami… Il darshan iniziò poco dopo, grande emozione come sempre, musiche celestiali che accompagnavano il Maestro, nel Suo mestoso e delicato incedere tra noi, avidi della Sua Divina e Amorevole presenza. Lui mi passò accanto e gettò uno dei suoi sguardi rapidi ma intensi verso di me e i nostri occhi si incrociarono per un lungo eterno istante… mi parve che due piccole saette luminose uscissero dai Sui occhi profondi e gioiosi colpendomi proprio in mezzo alle sopracciglia, una beatitudine profonda e ormai familiare mi saturò e in quello stato di puro Essere mi ritrovai in uno dei miei viaggi astrali. Il luogo era incantevole, palazzi maestosi e colonne di pietra opalescente e cristalli ovunque, in cima alle torri in pietra simile all’avorio. Sentivo il rumore del mare lontano, e vidi improvvisamente la spiaggia. Era una lunga lingua di sabbia bianco argento dove l’oceano di un blu cobalto accarezzava con le sue possenti onde tutta la spiaggia, bambini vestiti stranamente giocavano rincorrendosi, venditori di frutta che non avevo mai visto proponevano la loro merce multicolore ai molti bagnanti sdraiati al sole. Io mi aggiravo affascinata e gioiosa in quell’incantevole luogo a me familiare e caro, ma nello stesso tempo nuovo per me. Allontanandomi dalla spiaggia enormi fontane zampillavano e gli spruzzi formavano affascinanti giochi d’acqua, rimasi a lungo a guardare. Improvvisamente il cielo si oscurò e un vento fortissimo iniziò a scuotere tutto. Alberi e cespugli tremarono sotto le sferzate di quella tempesta improvvisa, un suono sordo, cupo e terribile si alzò verso il cielo, come le trombe dell’apocalisse biblica pensai, tutti correvano da una parte all’altra cercando rifugio nei palazzi, o sotto i colonnati, ovunque sentivo urla e sgomento. La terra iniziò a tremare e scuotersi. Io vedevo tutto ma nello stesso tempo non ne ero coinvolta fisicamente, come in un film in 3D io ero testimone della tragedia di Atlantide. Le onde si fecero gigantesche e colpivano senza sosta le coste della città, i frangiflutti no bastavano a sbarrare la strada all’acqua che cominciò ad invadere le strade e la grande piazza principale. Gente terrorizzata e stupita mi passava davanti senza vedermi, io percepivo loro ma ero come invisibile ai loro occhi…. stavo immaginando o rivivendo un passato ormai dimenenticato? Di colpo mi ritrovai al di sopra di tutto quel tumulto, ero a bordo di uno strano apparecchio dell’epoca, ora forse lo chiameremmo ufo? Dall’alto vedevo un mare nerastro coprire tutto, palazzi, strade, torri e cristalli giganteschi, persone animali, ogni cosa spariva tra i flutti e i suoni profondi e cupi continusrono a rimbombare per molti minuti forse ore. Il tempo si era come fermato.
Io osservavo dal pavimento trasparente dello strano apparecchio di forma circolare, sentivo di essere circondata da Esseri luminosi che non potevo distinguere e mi parlavano telepaticamente, “Non temere ora sei con noi, guarda sorella la fine della Superbia dell’Uomo che scelse di manifestare il Potere dimenticando che il vero Potere nasce dal Cuore e che senza l’Amore il Potere diviene solo distruzione e terrore.”
Un senso di tristezza pesava sul mio cuore ma improvvisamente la pace e la comprensione mi avvolsero e compresi di aver assistito in astrale ad una catastrofe, una delle calamità che colpirono il Regno che noi chiamiamo Atlantide ma che i Signori della Vita che veleggiavano sulle loro navi dorate e che mi avevano accolta con loro, chiamarono in un altro modo, nel nostro linguaggio potrei dire che il nome era simile a Poseide. Una spirale di luce azzurro-dorata mi riportò nel mio corpo, nel Mandir in India, ai Piedi di Loto di Baba, mi ci volle un po’ di tempo per riabituarmi al mio corpo e alla realtà. I bajan, canti sacri indù riecheggiavano per il tempio, un’energia meravigliosa pervadeva tutto quanto, ringraziai nel mio cuore per l’esperienza vissuta bellissima e terribile nello stesso tempo. Forse un ricordo nascosto tra le pieghe della mia anima? Non era importante. Attesi che Swami finiti i canti sacri, uscisse dal Mandir, ogni suo passaggio ci irradiava di luce divina e consapevolezza. Lui diceva spesso, “Non perdete nemmeno un lembo della visione della mia Veste.” L’attesa era sempre emozione e gioia, le devote davanti e intorno a me, allungavano le loro teste per non perdere nulla del passaggio del Maestro, l’agitazione si placò quando Swami comparve e iniziò a camminare con il Suo passo che tanto amavo. Leggero e maestoso, quasi non sfiorasse nemmeno il pavimento. Quando fu davanti a me, quel giorno ero in terza fila, guardò verso l’alto e un sorriso illuminava il Suo volto, mi parve mormorare qualcosa a bassa voce, non capii le parole, ma sentii la gioia scoppiarmi nel cuore.
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