La Foresta: un Ecosistema impossibile da ricostruire o riforestare
Una foresta distrutta è per sempre.
Proviamo a camminare in un bosco. Cosa vediamo attorno a noi? Alberi,funghi, felci, scoiattoli, uccelli. Poi c’è l’aria, il soffio del vento che fa stormire i rami, ci sono il sole, il cielo, le nuvole; inoltre ci sono le relazioni fra tutti i componenti, che sono spesso più significative dei singoli viventi.
L’essere vivente deve respirare, le piante verdi devono ripristinare l’ossigeno, ciascuno deve mangiare, poi lascia dei residui che sono risorse per altri esseri. Quando un vivente muore, la materia che ne costituiva il corpo è di nutrimento ad altri. Come esempio, i funghi vivono sulle sostanze in decomposizione, l’erba e le altre piante vivono sulle sostanze di scarto degli animali. Tutto il complesso resta in sostanza ciclicamente simile a sé stesso, almeno se consideriamo i tempi che qui ci interessano.
Tutto quello che abbiamo visto non è un “ambiente”, come se si trattasse della nostra casa. Noi siamo un componente del mondo naturale, siamo come le cellule di un Organismo. La nostra costituzione, il nostro comportamento e le nostre emozioni sono dello stesso tipo di quelle degli altri Mammiferi. A livello cellulare, la Vita è la stessa in tutti i Viventi.
L’ecologia è la percezione di far parte integrante di un Complesso molto più vasto, l’Ecosistema (o la Terra), ed avere come primo valore la buona salute di questo Organismo.
Dagli studi sui sistemi e sugli esseri collettivi, sappiamo che, oltre un certo grado di complessità del sistema, si ha l’emergenza di fenomeni mentali. Il sistema “sceglie” la via da seguire dopo ogni biforcazione-instabilità: la via che verrà seguita è assolutamente imprevedibile, anche in linea teorica, sulla base di eventi precedenti avvenuti nel mondo energetico-materiale. Si tratta quindi di un fenomeno mentale.
Poiché tutti i viventi e gli ecosistemi sono sistemi altamente complessi, ne consegue che è corretto attribuire a tali entità la denominazione di “esseri senzienti”. Così è per una foresta, che ha una grande varietà di viventi e di relazioni organiche/inorganiche.
C’è un fluire di materia e di energia tra un vivente e l’altro e con il mondo inorganico, il terreno, l’humus, gli esseri piccolissimi. Non c’è alcun motivo per dubitare che ci siano anche scambi mentali. Il sistema foresta si mantiene in questo modo a tempo indeterminato senza grosse variazioni permanenti, a meno che ci siano azioni drastiche che lo fanno uscire dalle sue capacità di autocorreggersi. Il bosco si mantiene in modo autonomo, senza interventi esterni, a parte la necessità che venga rifornito continuamente di energia solare, che restituirà alla fine dei suoi processi: non può accumulare continuamente energia, altrimenti non sarebbe in condizione stazionaria, o vitale. Il flusso energetico è indispensabile, come in tutti i viventi, che sono “strutture dissipative”, cioè si mantengono in condizioni stazionarie lontane dall’equilibrio termodinamico attraverso un fluire di energia.
Anche la Terra nel suo complesso si mantiene in vita se il suo grado di biovarietà è sufficiente: ha bisogno solo dell’energia del Sole, che restituirà infine allo spazio cosmico. Gli umani sono una componente di questo sistema totale: possono vivere soltanto se si mantiene in vita il complesso di cui fanno parte.
La varietà è alla base della vita: varietà e vita si devono intendere anche come caratteristiche di un ecosistema, o – come esempio – di una società di termiti, che costituisce un essere collettivo; oppure di Primati, e quindi anche di umani.
L’emergenza di fenomeni mentali nei sottosistemi del bosco significa che si formano esseri collettivi mentali, e così possiamo considerare gli Elfi, o le altre entità presenti nelle tradizioni di tutti i popoli delle foreste. L’esistenza di questi esseri collettivi ha una durata di ordine di grandezza molto superiore alla durata di vita di ogni singolo componente, o di qualunque vivente in senso materiale-biologico: infatti, secondo tutte le tradizioni, gli Elfi “sono immortali”. Vivono tanto più a lungo di noi, che sono stati considerati in pratica come immortali. Anche le emozioni che si provano nell’immersione in una foresta intatta possono essere scambi con questi esseri senzienti.
La comunità di milioni di vite diverse del suolo, sia macroscopiche che microscopiche, fa parte integrante della vita del bosco, che si autosostiene. Invece, nei campi coltivati della civiltà industriale si impiegano grandi quantità di sostanze chimiche: fertilizzanti, antiparassitari, energia proveniente da molto lontano (prodotti petroliferi), e così via. Poiché il campo non ha una sufficiente varietà interna per autosostenersi, deve essere continuamente “mantenuto” con sostanze estranee molto pericolose. Questo accade da pochi decenni, cioè un attimo nella storia dell’umanità, che ha milioni di anni. Quando abbiamo distrutto una foresta, non illudiamoci che si possa rimediare con la “riforestazione”, anche se è meglio di niente: nessuna “piantagione” di alberi potrà mai costituire una foresta. Un campo e una piantagione non sono ecosistemi.
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