Quando diventammo umani? – Breve storia dell’evoluzione dell’autocoscienza
Uno degli interrogativi più importanti che l’uomo si pone è: da quando siamo divenuti autocoscienti? La stessa domanda può anche essere così riformulata: se è vero, come è vero, che anche noi discendiamo dallo stesso antenato comune da cui discendono oranghi, gorilla e scimpanzè, quando, come e perché ci distaccammo dalle scimmie antropomorfe ed acquisimmo il nostro intelletto superiore? (si legga al riguardo Il terzo scimpanzè di Jared Diamond)
Qualcuno potrebbe obiettare che ci sono interrogativi ancor più importanti, del tipo “chi sono io”, “perché sono nato”, “cosa c’è oltre la vita” ecc. ecc., i cosiddetti interrogativi esistenziali ai quali da sempre religione, filosofia, scienza ed arte tentano di dare risposte.
Ma, a ben vedere, queste domande ce le poniamo proprio perché siamo autocoscienti. Oranghi, gorilla e scimpanzé non se le pongono, o almeno così crediamo. È ragionevole pensare infatti che per interrogarsi su questioni tanto immateriali si debba aver raggiunto e superato un elevato quoziente intellettivo.
E quando ciò sarebbe accaduto? Quale fu la soglia cognitiva raggiunta e superata la quale diventammo umani?
Quel superamento fu la pre-condizione per ogni ulteriore domanda, e individuarne l’origine diviene dunque elemento basilare nella storia della specie Homo sapiens.
Se quel superamento fu un bene o un male è tutt’altra storia, che affronteremo in altra sede. Per il momento limitiamoci a cercare di capire come e quando avvenne.
Una cosa è certa, il passaggio da bestia ad uomo non fu immediato. Fu graduale, lento, lentissimo, richiese milioni di anni.
Per semplificare la nostra indagine vediamo di prendere in considerazione le seguenti tappe fondamentali tra quelle proposteci dalla paleoantropologia e dalle altre scienze che indagano sulla nostra storia evolutiva.
- l’abbandono della locomozione quadrupede e il passaggio al bipedismo;
- la realizzazione dei primi strumenti “artificiali”;
- l’addomesticamento del fuoco e la cottura dei cibi;
- le prime manifestazioni artistiche (incisioni rupestri);
- la nascita del linguaggio;
- la diffusione dell’agricoltura;
- l’introduzione della scrittura.
- A questo punto, con la scrittura, siamo pienamente umani già in epoca storica ed inizia la nostra “età mitica”.
Ma come si situano le tappe descritte sulla “timeline” della nostra preistoria e in corrispondenza di quale di esse facemmo il “grande balzo”?
- Il primo passaggio dalla locomozione quadrupede (o quadrumane?) al bipedismo sarebbe avvenuto circa 7 milioni di anni fa e fino a 2 milioni di anni or sono si evolsero diverse specie di scimmie antropomorfe bipedi. Quei primi nostri lontanissimi antenati avevano un cranio di dimensioni molto ridotte, tra i 300 e i 400 cm3. Il passaggio al bipedismo avrebbe però contribuito in maniera importante all’aumento delle loro capacità cerebrali, sia per la nuova visuale più aperta sul mondo sia per la libera disponibilità degli arti superiori. E fra 3 e 2 milioni di anni fa una specie sviluppò un encefalo significativamente più grande (Richard Leakey, Le Origini dell’Umanità, Milano, BUR, 2001, p. 15)
- La specie in questione prese nome di Homo habilis e fu la prima a modificare intenzionalmente pietre e sassi per utilizzarli a proprio vantaggio. Il risultato di tali lavorazioni erano strumenti dal bordo tagliente con i quali era possibile scarnificare gli animali uccisi. Questa tappa dello sviluppo umano, databile intorno a 2,5 milioni di anni fa, coincise con l’accrescimento della capacità cranica e del volume del cervello sino ad oltre 600 cm3
- Il passaggio successivo avvenne 2 milioni di anni fa e rappresentò un grande balzo verso la nostra condizione attuale. Fece la sua comparsa Homo erectus, la cui capacità cranica superò gli 800 cm3 e giunse ad oltrepassare i 1.000. “…fu la prima specie umana capace di un uso controllato del fuoco, la prima a fare della caccia una componente significativa della propria sussistenza, la prima a sviluppare modalità di locomozione che le consentivano di correre come l’uomo attuale, la prima a fabbricare strumenti litici secondo uno schema mentale definito (pietre bifacciali) e la prima a diffondersi fuori dall’Africa” (op. cit. p. 14) L’uso controllato del fuoco consentì ad Homo erectus di nutrirsi di carne cotta e l’accresciuto apporto proteinico sarebbe in buona parte responsabile del sorprendente sviluppo del cervello umano verificatosi in quel periodo, sviluppo che 300.000 anni fa avrebbe condotto alla comparsa di Homo sapiens
- Come noto i “sapiens” convissero per un certo tempo con la specie poi scomparsa dei “neanderthal”. Entrambi avevano raggiunto i 1.400 cm3 di capacità cranica e tale volume consentiva loro di osservare “coscientemente” la realtà, al punto da poterla riprodurre figurativamente. Le incisioni rupestri rintracciate in numerose grotte e siti archeologici in varie parti del mondo ne sono testimonianza, unitamente a figurine plasmate in argilla e ad altri manufatti. Le più antiche manifestazioni artistiche risalgono a circa 30.000 anni fa e testimoniano come a quell’epoca i nostri antenati fossero pienamente “umani”.
- Contemporaneamente all’affiorare di queste capacità creative ebbe luogo la “grande svolta”, ovvero la comparsa del linguaggio articolato. Anche in questo caso l’evento non fu repentino, ma richiese migliaia e migliaia di anni per concretizzarsi. L’apparato vocale stesso dovette modificarsi, la laringe scendere in posizione più bassa rispetto alle altre scimmie antropomorfe. Ma soprattutto il cervello dovette evolvere sino a consentire il concepimento dei pensieri astratti, destinatari dei nomi che poi il linguaggio avrebbe utilizzato per comunicare da uomo a uomo. L’inizio di questo processo può situarsi anche 2 o 300.000 anni fa, ma il pieno uso del linguaggio dovrebbe situarsi intorno all’epoca in cui emersero le manifestazioni artistiche di cui al punto 4. Le difficoltà a datare con esattezza questa caratteristica fondamentale del comportamento umano risiede nel fatto che nessun reperto fossile ci può fornire indicazioni al riguardo.
- Tra 12 e 10.000 anni fa si sviluppò l’agricoltura. Fino ad allora gli uomini erano stati raccoglitori e cacciatori, si erano cioè alimentati con le piante e gli animali che la natura offriva loro, in modo non dissimile da tutti gli altri esseri viventi, alle volte prede e alle volte predatori. Il ciclo della vita era guidato dall’istinto, sin che un essere, l’uomo, non fu in grado di modificarlo a proprio presunto vantaggio. L’agricoltura e la pastorizia (l’addomesticamento di piante e animali) consentirono ai nostri progenitori un’alimentazione più sicura e costante. Le popolazioni divennero stanziali e iniziò la crescita demografica. Non fu più la natura a regolare il numero dei viventi, ma l’uomo, divenuto re del mondo grazie alle sue capacità cerebrali sovrasviluppate.
- Con l’invenzione della scrittura (tra 6 e 4.000 anni fa) terminò la Preistoria ed ebbe inizio la Storia. Dapprima i geroglifici e i caratteri cuneiformi, poi l’alfabeto e le lingue antiche consentirono agli uomini di tramandare miti, racconti, poemi, pensieri e infine ragionamenti. Da qui in avanti religione, filosofia e scienza fecero dell’umanità quella specie onnipresente che ancor oggi domina il pianeta.
Quale di queste tappe fu quella decisiva per il nostro passaggio da scimmie antropomorfe a uomini?
Tutte e nessuna in particolare, nel senso che il passaggio non fu subitaneo ma richiese l’intero lungo processo descritto. Se ci fossimo fermati alla condizione di Homo habilis o di Homo erectus non avremmo mai costruito né le cattedrali né i grattacieli e non staremmo qui a indagare sulle nostre origini. Così se non ci fossimo mai distaccati 7 milioni di anni fa dall’albero genealogico dei primati superiori. Di lì iniziò il nostro cammino che ci fece attraversare tutte le tappe descritte e tante altre ancora che ho omesso per brevità.
Ma se proprio dovessimo dire in corrispondenza di quale di queste tappe si manifestarono i primi atteggiamenti chiaramente umani, non vi è dubbio che l’aver intenzionalmente lavorato delle pietre, scheggiandole ed utilizzandole come rudimentali coltelli, 2,5 milioni di anni fa, rappresentò un passo decisivo verso la nostra attuale condizione.
Possedeva l’autocoscienza quel nostro lontano progenitore cui fu dato il nome di Homo habilis? Se le dimensioni del suo cervello a quell’epoca erano ancora troppo poco evolute per poterlo affermare con certezza, nella tappa successiva, quella in cui fece la sua comparsa Homo erectus, emerse certamente un tipo di autocoscienza sufficientemente razionale (si pensi all’uso controllato del fuoco, alla cottura dei cibi e alle capacità craniche accresciute di questa specie nostra progenitrice).
Naturalmente le manifestazioni artistiche delle incisioni rupestri e la comparsa del linguaggio sono gli elementi che ci danno la certezza di trovarci di fronte ad un tipo umano pienamente autocosciente, anche se il significato vero di questo termine è forse ancora da scoprire.
Ma di questo parleremo in altra occasione.
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