I bambini possono crescere in salute senza carne ? Risponde il pediatra Dott. Luciano Proietti
Luciano Proietti, medico presso la clinica Pinna Pintor di Torino, specializzato in pediatria e chirurgia pediatrica, si occupa dal 1974 di ricerche sulla nutrizione non convenzionale – vegetariana, macrobiotica, vegana – in età pediatrica. Ha al suo attivo tre libri pubblicati, l’ultimo nel 2012 per Sonda Edizioni dal titolo: Figli Vegetariani. Promuove una pediatria funzionale alle esigenze biologiche dell’organismo in crescita, che curi e prevenga le malattie agendo sulle cause interne ed esterne e non solo sui sintomi: il suo motto è “crescere bene in salute”.
D: Dott. Proietti, in una recente intervista lei ha dichiarato: “Non esiste nessun alimento indispensabile per la crescita e la salute umana (a parte il latte materno). Si può vivere tutta la vita senza carote, o senza frutta. Oppure senza carne”. Perché quindi consiglia una dieta a base vegetale per i bambini?
R: Il cibo può avere un effetto di salute o di malattia. Se il nostro obiettivo è quello di mantenere la salute e non di curare le malattie, dobbiamo utilizzare degli alimenti che creino salute e non malattia.
D: Su che base gli alimenti creano salute e non malattia?
R: In base al loro potere infiammatorio. In base alla qualità dell’alimento si crea più o meno infiammazione e quindi più o meno malattia. Se vogliamo avere meno malattie, meno infiammazione dobbiamo assumere alimenti che creino meno infiammazione e quindi che abbiano meno proteine, in quanto le protenie favoriscono l’infiammazione. Tali alimenti sono frutta e verdura, poi ci sono i cereali e ancora i legumi, che hanno si proteine, ma sono vegetali. Gli alimenti che creano più infiammazione e più malattie sono gli alimenti di origine animale: formaggio, carne, pesce, uova, latte; perché hanno più proteine e sono di una composizione aminoacidica che più facilmente crea infiammazione.
D: Parliamo dell’alimento forse più importante per i bambini: il latte materno. Qual è l’età giusta per lo svezzamento? L’informazione “classica” dice intorno ai sei mesi: qual è la sua opinione?
R: La mia opinione è quella della biologia, della fisiologia: ogni mammifero produce un alimento per il proprio cucciolo che è il latte. Il latte è funzionale alla crescita del suo cucciolo; la produzione del latte del mammifero è in relazione alla biologia di quel mammifero e alla durata della vita e della crescita. Ogni mammifero produce un latte “specie – specifico” per il proprio cucciolo con una durata in relazione a queste condizioni; quindi, in base a questo, il cucciolo dell’uomo ha una durata di allattamento che biologicamente va dai 5 ai 7 anni.
Succede invece spesso che noi europei per tutta la vita assumiamo latte di un’altra specie: latte di mucca, ad esempio. Tutte le mattine, noi, anche a ottant’anni facciamo colazione con il caffelatte. Quindi rimaniamo lattanti per tutta la vita anche se biologicamente lo siamo solo per sei o sette anni. Utilizziamo inoltre un latte che non è della nostra specie ma di un’altra specie: il latte di mucca è adatto solo al vitello, il latte di capra solo alle capre e così via. L’unico latte adatto al cucciolo di uomo è il latte della mamma.
D: Quindi una mamma potrebbe allattare il bambino finché ha il latte, diciamo. E poi dopo?
R: Certo, può allattarlo fino a sei, sette anni. Dopo, l’organismo dell’uomo non produce più la lattasi, che è l’enzima che digerisce il lattosio. Quindi tutti gli adulti sono biologicamente e naturalmente intolleranti al lattosio e non devono bere latte, perché non sono più lattanti.
D: Le mamme che non hanno latte, come possono orientarsi e a che età possono cominciare la dieta a base vegetale per i loro figli?
R: La prima cosa da chiedersi è perché un mammifero che partorisce, una donna che partorisce, non può avere latte: è contro natura. Se un mammifero non può avere latte, il cucciolo muore. Allora perché le donne non hanno latte? Perché facciamo in modo che non lo abbiano: si fa una vita contro natura, si fa partorire in ospedale in un ambiente inadeguato, si da un condizionamento mediatico e psicologico contrario all’allattamento e quindi mi stupisco che le donne riescano ancora ad allattare anche solo per qualche mese. Però se noi non prepariamo all’allattamento, come ambiente, come relazione psicologica, come informazione, è ovvio che non si allatta: d’altra parte l’allattamento materno non conviene all’industria.
D: In che senso?
R: L’allattamento materno non costa nulla mentre il latte in polvere fa guadagnare. In natura non esiste un altro sostituto del latte materno: il latte in polvere è l’unico possibile sostituto del latte materno. E i prezzi sono elevati.
D: Ma i casi sono tanti: una mamma che per motivi vari non ha latte a che età può iniziare a svezzare il suo bambino interrompendo il latte in polvere?
R: Dipende sempre quale obiettivo abbiamo: se il nostro è quello di non spendere troppi soldi perché non ne abbiamo allora a due, tre mesi. Come si faceva negli anni 50, dopo i due, tre mesi, che sono fondamentali, si proseguiva con il latte di mucca, con le pappe e così via. Ovviamente il bambino si ammalava in continuazione, allergie, asma, tonsillite ecc, perché non era il cibo giusto.
D: Oppure le nutrici?
R: Certo, l’unico sostitutivo del latte materno è quello di un’altra mamma.
D: Ma sarebbe possibile utilizzare il latte in polvere sino a sei, sette anni?
R: Se il nostro obiettivo è la salute del bambino e la mamma non ha latte o non può dare il latte di un’altra mamma, allora almeno sino ai due, tre anni sarebbe utile un latte in polvere, latte formulato. In questo modo il bambino cresce bene senza ammalarsi.
D: Si da generalmente molta importanza all’apporto proteico attraverso l’alimentazione: quali sono le sue considerazioni in merito? Servono davvero tutte queste proteine?
R: Si ha l’abitudine di scomporre l’alimento in nutrienti: grassi, proteine, zuccheri, ecc, che non ha senso biologico perché a livello del metabolismo è l’interazione tra tutti questi nutrienti che fa poi l’effetto. Certamente quello che si è rilevato è che le proteine sono importanti e il rapporto fra di loro e la quantità sono basilari per mantenere la salute o favorire la malattia. In particolare la quantità. D’altra parte il latte materno, rispetto a tutti gli altri latti, ha la quantità di proteine più bassa in assoluto, che quindi è quella giusta di cui dovrebbe avere bisogno il bambino. I LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti della Società italiana Nutrizione Umana) sono stati modificati: nell’ 86 la prima volta che sono usciti davano una quota di proteine pro chilo/die per un bambino di un anno pari a 2 grammi. Poi nel 96 sono passati a 1,8 gli ultimi del 2012 sono di 0,8/1 gr per chilo al giorno. Si sono dimezzati. Più diamo proteine ad un bambino, più si ammala. Le proteine sono molto importanti ma nella quantità giusta, senza eccedere: di solito arriviamo a dare da 5 ad 8 volte la quantità di proteine consigliata dagli Organismi Ufficiali di Nutrizione per il Bambino. In questo modo il bambino si ammala.
D: Un altro apparente punto debole dell’alimentazione vegetale è la carenza di vitamina B12. Si registrano casi di questo tipo sia nella popolazione che si alimenta con dieta onnivora o totalmente vegetale. Perché accade? Quali sono i suoi consigli per evitare fenomeni di carenza, se possibile, e quali i modi per una corretta eventuale integrazione ai bambini?
R: Un bambino allattato al seno o che prende latte formulato fino ai due, tre anni non ha carenza di Vit.B12 a condizione che la mamma non sia carente. Dopo questo periodo, se non assume nessun alimento di origine animale, con gli alimenti che ci sono oggi che sono tutti “sterilizzati”, se l’alimentazione è convenzionale, tutta controllata, pulita, senza “batteri”, si può andare incontro ad una carenza.
La vitamina B12 viene, infatti, prodotta dai batteri: non è “contenuta” nella carne; o meglio, c’è nella carne perché la mucca, che è vegetariana, mangia l’erba e la Vit.B12 è presente nei batteri che sono sull’erba. Se la mucca viene alimentata con mangimi o prodotti sterilizzati anche l’animale stesso incorre in carenza e deve essere integrato con la vitamina B12. Se abbiamo un’alimentazione vegetale convenzionale possiamo quindi integrare la Vit.B12 con compresse, gocce, ecc.
D: Quindi non è un luogo comune che basterebbe non “lavare” la frutta e la verdura per mantenere la Vit.B12 ? Magari meglio sceglierla biologica….
R: Basterebbe mangiare anche un po’ di terra con i batteri della terra, allora troveremmo la Vit.B12. Però la carenza nel giro di qualche anno si verifica. Poi dipende anche dalle condizioni dello stomaco: se una persona (adulta) ha ad esempio una gastrite atrofica anche se mangia un chilo di Vit.B12 non l’assimila.
D: Quali consigli alimentari si sente di fornire ad una donna in gravidanza che segue un’alimentazione completamente vegetale?
R: Semplicemente controlli attraverso gli esami del sangue, in particolare integrando la Vit. B12 ed eventualmente la Vit. D se non si espone abbastanza al sole.
D: L’alimentazione vegetale fin dalla gestazione può creare una sorta di imprinting nel bambino che condizionerà quindi le sue scelte alimentari in futuro?
R: Non sono stati fatti degli studi in proposito: sicuramente quello che fa la mamma nel periodo della gravidanza che sia alimentare che sia di pensiero influenza il feto.
D: Una sempre più diffusa tendenza alimentare è il crudismo vegano. Lei ritiene che questa scelta alimentare sia compatibile con i bambini?
R: Per i bambini è più complicato se non controproducente perché il bambino piccolo è lattante e il latte non contiene fibra: il bambino lattante non dovrebbe assumere fibra perché va in contro ad una ridotta assimilazione degli alimenti e quindi non cresce. Un’alimentazione crudista a base vegetale per il bambino non è compatibile con la biologia.
Dopo l’allattamento, dai sei sette anni, può cominciare ad assumere alimenti vegetali anche crudi, però bisogna valutare se cresce in modo adeguato e che non abbia carenze. La dentizione del bambino cambia a sei, sette anni, e si completa intorno ai 14 anni: direi che da questa età in poi può avere un’alimentazione crudista.
D: I pediatri che la pensano come lei sono molto pochi, lei ha dichiarato, forse una ventina a livello nazionale. Perché?
R: Perché il pediatra si occupa più della malattia che della salute; è formato per curare la malattia con i farmaci, non per prevenire la malattia e non fare ammalare il bambino. Non c’è nessun esame di scienza dell’alimentazione nel corso di specializzazione in pediatria e quindi non ha nessuna informazione di tipo nutrizionale. Il pediatra deve formarsi da solo in merito alla scienza dell’alimentazione.
D: Nella sua esperienza medica, le e capitato di riscontrare che i bambini “vegetariani” sono soggetti a meno malattie rispetto a quelli che hanno un regime alimentare tradizionale?
R: Beh, questo ormai è appurato ovunque, non è solo la mia esperienza. E’ naturale che il bambino che mangia meno proteine animali si ammala meno di un bambino che mangia più alimenti di origine animale.
D: A me sembra che la massa non la pensi proprio così, ma esattamente l’opposto!
R: La massa ha un’alimentazione convenzionale, che è funzionale all’industria e non funzionale alla salute.
D: Qual è la sua posizione rispetto all’utilizzo di vaccini nei bambini?
R: Le vaccinazioni sono dei farmaci da usare quando il bambino ne ha bisogno. Qualsiasi terapia curativa o preventiva secondo me è da personalizzare: ogni individuo, ogni essere umano ha delle caratteristiche peculiari e non si può massificare. Non si cura la tonsillite, ma si cura il bambino a cui è venuta la tonsillite. La medicina convenzionale cura la tonsillite. Tutti gli adulti o i bambini che hanno la tonsillite che siano obesi, bianchi, neri, grassi, magri, ecc hanno la cura standard che è l’antibiotico ed eventualmente il cortisone. Secondo me la medicina dovrebbe mirare la cura alla persona: un adulto ha la costituzione diversa da un bambino, una costituzione grassa è diversa da una magra, e via dicendo. Quindi, anche per quanto riguarda le vaccinazioni, io non sono d’accordo a massificare la terapia vaccinale a tutti indipendentemente dai rischi delle malattie o dalle deficienze immunitarie: le vaccinazioni sono da personalizzare in rapporto ai rischi che quel determinato soggetto ha. Ai soggetti che sono a rischio di una determinata malattia e possono avere rischi di complicazione allora si fa la vaccinazione, ai soggetti che non hanno questo rischio non si fa.
D: E’ consuetudine, da parte di numerosi suoi colleghi, prescrivere con facilità farmaci cortisonici o in altri casi antibiotici. Lei concorda con tale approccio? Ritiene che vi siano alternative olistiche o comunque meno debilitanti?
R: L’alternativa è fare in modo che il bambino non abbia bisogno di farmaci perché non si ammala. Se si ammala bisogna valutare il perché quel bambino si è ammalato in quel momento quindi quali sono le sue possibilità di difesa, se sono ridotte e il bambino rischia di morire, allora si danno farmaci importanti come l’antibiotico o il cortisone. Dare il farmaco solo per sopprimere il sintomo non è una cura: se il bambino ha la tosse da una settimana e da fastidio ai genitori allora il farmaco serve ai genitori! Mi sembra un uso improprio di questi farmaci che servono a salvare la vita alle persone.
Grazie di cuore al Dott. Proietti per la sua disponibilità, professionalità e per il prezioso lavoro che ogni giorno svolge.
Per contattare il Dott. Luciano Proietti:
Clinica Pinna Pintor
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Centralino: 011 5802 100
Segreteria Dott. Proietti: 333. 3726989
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