Il vero significato di accettazione e resa
Quando si parla di accettare ed arrendersi bisogna avere ben chiari i concetti fondamentali di chi siamo e da dove proveniamo, perché altrimenti si rischia di perdersi nella programmazione millenaria creata dalla cultura giudaico-cristiana-cattolica.
Il concetto di accettazione non può essere inteso come prendere passivamente ciò che viene perché quello è ciò che vuole Dio, o perché ciò che viene è parte del karma che l’anima si è programmato e per questo deve essere accettato e fatto proprio quale insegnamento che l’anima stessa ha stabilito per la propria evoluzione.
Con questi presupposti dovremmo essere disposti ad accogliere qualsiasi cosa ci arriva o accade, incluso il dolore (di qualsiasi genere ed entità), la perdita, ecc. con un atteggiamento di sacra rassegnazione alla volontà divina. In realtà non stiamo facendo nulla di veramente sano ed utile per noi stessi, e soprattutto non si tratta della volontà divina.
Del resto l’accettazione non può neanche risolversi nel semplice atteggiamento volto a correggere il cosiddetto “problema” così come esso appare a noi, poiché altrimenti ci perderemmo inesorabilmente in esso. Infatti affrontare e risolvere il problema sullo stesso piano in cui esso appare reale, ci porterà soltanto a modificarne l’apparenza e non a liberarcene. Finché non saremo pronti a lasciar andare tutte le programmazioni mentali ed emozionali che rappresentano la causa del problema, non andremo mai molto lontano. Per fare questo e riuscire quindi ad andare OLTRE le limitazioni a cui siamo costantemente sottoposti in questa dimensione spazio-temporale, occorre essere disposti a cambiare il nostro livello di coscienza.
Per operare un cambiamento così netto e stabile non è certamente sufficiente la nostra volontà umana; ma è necessario imparare ad unire la nostra volontà a quella di Dio, attraverso il processo dell’ascolto interiore e della connessione con la parte più intima ed autentica di noi stessi, che è rappresentata dallo Spirito di cui siamo manifestazione. In questo processo saremo guidati unicamente dal silenzio che ci condurrà appunto all’ascolto della nostra dimensione interiore.
L’accettazione presume, in ogni caso, che il soggetto abbia prima compreso consapevolmente il “disturbo” e la sua causa, non solo attraverso l’esperienza diretta; e questo può avvenire anche mediante l’ascolto interiore.
In ogni caso questo processo non è quasi mai immediato e scontato, anzi spesso richiede il supporto di qualcun altro, per il principio secondo cui colui che ha causato/creato il disturbo non può trovare la soluzione utilizzando gli stessi mezzi e la stessa consapevolezza con i quali ha creato le circostanze che hanno innescato il problema. Sarebbe meglio ricorrere a qualcuno o qualcosa che possa essere più obiettivo e che abbia la giusta sensibilità, conoscenza e mezzi necessari a condurci al nocciolo. In questo modo il problema può essere prima di tutto individuato con estrema precisione, poi riconosciuto come causa specifica ed infine accettato e liberato. Ma questa operazione così delicata che porterebbe alla liberazione definitiva non può avvenire senza l’affidamento diretto all’unica parte che può garantire la certezza del risultato: la FONTE.
L’accettazione implica a questo livello una resa, e questa deve essere necessariamente totale ed incondizionata. Il processo di resa va però chiarito seguendo un’attenta riflessione. Quando si parla di resa, bisogna per prima cosa comprendere a chi o a che cosa ci si dovrebbe arrendere, perché molto spesso non è ben chiarito, mentre altre volte si parla o si insegna ad arrendersi a se stessi. Ma questo è del tutto generico e fuorviante.
Infatti, sarebbe opportuno chiedersi, cosa significa se stessi? Da chi o cosa è rappresentato “se stessi”?
Facciamo un pò di chiarezza a riguardo e soprattutto su chi siamo.
Considerando il fatto che l’essere umano, per sua natura, risulta essere costituito da più componenti vale a dire da: corpo fisico, mente, anima e spirito.
Analizziamo dunque la questione in base alle varie componenti.
- Se ci arrendessimo al corpo fisico ed alle sue naturali reazioni otterremo soltanto accettazione delle proprie limitazioni, essendo il corpo fisico unicamente un contenitore programmato per registrare su di sé le varie reazioni causate da stimoli mentali ed emozionali, che restituisce poi sotto forma di sensazioni fisiche quali ansia, paura, rabbia, insicurezza, debolezza, ecc.
- Se ci arrendessimo alla mente saremmo in balia della follia e della pura illusione, essendo la mente separata dalla Fonte originaria, ed in quanto tale non potrebbe che percepire tutto separato da se stessa. Questa condizione sarebbe scaturigine di paura poiché la mente ci porrebbe in perenne competizione con tutte le manifestazioni esteriori ed interiori all’essere umano. Inoltre la mente subirebbe ulteriori programmazioni, essendo costantemente soggetta ad interferenze di qualsiasi tipo e genere.
- Se ci arrendessimo all’anima saremmo subordinati e fortemente condizionati da tutte le sue programmazioni acquisite durante le transizioni terrene. Infatti l’anima, dal momento in cui è stata separata dalla originaria COSCIENZA, ha perduto completamente la memoria della sua origine e natura. Legandosi al corpo fisico, per le sue caratteristiche intrinseche, l’anima è stata corrotta e manipolata dalle influenze del corpo mentale e di quello emozionale, oltre a quelle di altra natura, caricandosi di oneri e compiti che l’essere umano dovrebbe presumibilmente svolgere per ritornare alla sua naturale condizione di perfezione. Tutto questo lavoro, legato alla tanto venerata legge del karma, mi sembra onestamente un inutile inganno poiché manterrebbe l’essere umano ad una condizione di limitazione, in quanto l’anima risulta essere stata programmata appunto ad un eterno ritorno ad una dimensione imperfetta e quanto mai illusoria.
- Se ci arrendessimo allo spirito saremmo già nella mente corretta e dunque riceveremmo tutto ciò che ci occorre per liberarci definitivamente dal “problema”. Tutto questo sarebbe ovviamente possibile soltanto se avessimo raggiunto un livello di consapevolezza ed un risveglio tale da riuscire a percepirci già autenticamente e soltanto come puro SPIRITO, piuttosto che essere identificati nel corpo fisico, quindi, in balia dei pensieri e delle emozioni. Infatti lo Spirito è la nostra unica componente che mantiene eternamente inalterato il concetto immacolato di LIBERTÀ e PERFEZIONE e, per questo, è strettamente e indissolubilmente connesso alla COSCIENZA UNA.
Tra tutte le componenti analizzate, l’unica alternativa valida e sicura è invece quella di arrendersi in modo totale ed incondizionato alla SORGENTE/FONTE, stando nella CERTEZZA che lì avviene la liberazione da tutte le limitazioni poiché lì tutto é perfetto e puro.
L’esempio più rappresentativo e significativo della resa ci è stato offerto come insegnamento da Gesù nell’istante in cui, in un momento di profonda crisi, pronunciò la seguente frase: PADRE, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ, non la mia!
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