Uno dei dilemmi di questo periodo, più che periodo si parla di decenni, anzi centinaia di anni, è quello di cercare di capire e descrivere che cosa sia un’emozione, come funziona, come gestirla e soprattutto comprendere come mai abbia una forza così imponente da stravolgerci nei nostri equilibri.
Su molti testi di
Human Design si trova spesso la frase “siamo Esseri a 9 centri” e “siamo Esseri in transizione” o mutazione che dir si voglia.
La parte relativa ai 9 centri è piuttosto semplice. Nel 1781 si è conclusa una grande mutazione e da 7 i nostri centri del disegno sono diventati 9. Dopo quella data, infatti, le nostre bio forme hanno assunto caratteristiche “uraniane” rispetto a quelle “saturniane” e le nostre fasi di vita hanno preso a seguire i cicli del pianeta Urano.
Riguardo alla transizione, invece, bisogna osservare che il processo evolutivo non si è certo arrestato al 1781, ma ha continuato coinvolgendo in particolare uno di quei 9 centri che ci caratterizzano e deputati a descrivere modalità di funzionamento di aspetti prettamente “umani” ovvero il plesso solare, centro che tratta di emozionalità ad ampio spettro.
La mutazione del plesso solare, biologicamente collegato ai polmoni, ai reni, al sistema nervoso, al pancreas e alla prostata, ha a che vedere con la produzione dell’aminoacido dell’Istidina corrispondente alle porte 49 e 55 [per conoscere se hai anche tu queste attivazioni nel tuo disegno genetico, scaricalo gratuitamente
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Quelle due qualità archetipiche gestiscono un certo tipo di espressione emozionale, ma anche tematiche legate alla fertilità o alla infertilità maschile, la discriminazione del cibo, la sensibilità emozionale riguardo al cibo e, non meno importante, i concetti di spiritualità e religiosità per come li abbiamo intesi fino ad oggi.
Non a caso la porta 49 fa parte del canale 19/49, il canale di sintesi, che è uno dei canali mistici del disegno collegato alla organizzazione religiosa della tribù e al senso di Dio e divinità ai quali si sacrificava la prole, o i prescelti, in cambio di protezione divina da sciagure o carenze di risorse. Tant’è che in questo periodo più che mai si sente molto la frase “io sono il mio dio, io sono il creatore della mia realtà”. E’ un passaggio, evidentemente una parte del processo prevede la trasformazione e il riappropriarsi della propria divinità interiore, collegata alla porta 55, in abbondanza di spirito, o no. Che cosa sia lo spirito e come questo cambi il nostro approccio alla vita, credo che saranno le generazioni future a mostrarcelo.
Quante cose stanno accadendo! E’ naturale quanto sia inutile tentare di controllare questo processo. Al momento stiamo navigando a vista, rassicurati da qualche impavido investigatore o sperimentatore che sta cercando di trovare una soluzione affinché non rimaniamo annientati da un qualche tzunami emozionale ammantato di religiosità estrema.
In sostanza il centro da puro motore, sta attraversando questo intenso momento di transizione per approdare a diventare un centro di consapevolezza. Il processo non è indolore a quanto pare, e che cosa questo significhi esattamente, anche qui lo vedremo espresso e vissuto dalle generazioni future.
Per ora noi siamo in questo mare magnum a cercare di non farci travolgere dalle emozioni che non si sa da dove provengano e perché si manifestino, ma anche un po’ sorpresi dal fatto che comunque ci portano in spazi di profondità interiori mai raggiunti prima dove sentiamo con il corpo sia la speranza che il dolore, l’aspettativa che nasce dal desiderio e la disillusione quando si infrange un sogno, la malinconia e la tristezza o la passionalità più intensa.
Questo è veramente un periodo intenso, stiamo tutti cercando di contenere, nel senso di tenere in sé, accogliere, questa mutazione. Siamo nel mezzo di queste potenti onde emozionali che ci fanno muovere e che non sappiamo gestire e perciò tendiamo a scaricare all’esterno, in genere verso l’altro, a cui magari attribuiamo la colpa del nostro stato, e allo stesso tempo viviamo questi slanci di compassione, sensibilità e percettività che ci dà mille sfumature dell’intorno e una profondità del sentire inimmaginabile.
Tutto questo biologicamente è l’espressione di una chimica del corpo non soggetta al nostro controllo, infatti è richiesto molto sforzo sia che si tratti di reprimere l’emozione sia che si tratti di controllarla. Per cui voler essere felici sempre e a tutti i costi è un’utopia. Se lo stato di felicità può essere assimilato a un picco alto dell’onda, è in ogni caso destinato ad essere transitorio perché la saggezza e il ben-essere emozionale sta proprio nel lasciare che l’onda si esprima anche nei suoi picchi più bassi, quello che leggiamo come tristezza, malinconia, o dolore.
Piano piano arriveranno le risposte del perché a un certo punto l’organismo comincia a secernere certi ormoni inducendoci in certi stati d’animo e come questo possa essere vissuto in modo funzionale nella relazione con l’altro.
Intanto noi siamo alle prese con il momento clou della mutazione, ovvero quasi alla fine del suo processo che dovrebbe concludersi nel 2027 e si sa, tutte le volte che si deve chiudere un ciclo, c’è sempre bisogno del cosiddetto colpo di reni.
Per fortuna ogni giorno che passa si aggiunge un tassello per la comprensione di questo spinoso argomento. Infatti è noto che a noi pare di controllare l’emozione, in realtà lei è bellamente attiva a livelli di profondità più sottili, tanto che questi processi di controllo e repressione creano più danno che altro, non solo a livello psicologico ma anche biologico, nei confronti degli organi collegati al plesso solare.
Allora forse è “meglio fuori che dentro” citando un noto personaggio dei cartoni per bambini, però non nel senso di scaricare dolore o pena incomprese all’esterno su qualche malcapitato, ma facendoli decantare, per lo meno che non implodano dentro.
Naturalmente, disegno docet. Ognuno di noi vive l’emozionalità in modo diverso. Bisogna considerare che il plesso solare può essere aperto, completamente ricettivo alla emozionalità dell’ambiente, oppure definito. In quest’ultimo caso trasmette in modo personale fisso e riconoscibile i suoi stati “alterati, o no” di coscienza o incoscienza emozionale.
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